(Adnkronos) – "Negli ultimi anni la qualità di vita del paziente emofilico è notevolmente migliorata grazie al progresso della medicina, ma soprattutto tecnologico e farmaceutico. Negli anni '90 veniva gestito con farmaci plasma derivati di origine umana ed era sottoposto a infezioni virali importanti come epatite C e Hiv e trattato solo nel momento del sanguinamento. Uno dei problemi del paziente emofilico è il sanguinamento intra articolare e questo comportava una grave disabilità. Quindi era molto frequente anche l'isolamento, l'allontanamento da scuola e dal posto di lavoro, oltre a una scarsa aderenza alla terapia. Da allora abbiamo fatto passi avanti dal punto di vista delle terapie". Lo ha detto Sandra Verna, direttore f.f. Ambulatorio di Ematologia clinica, Servizio immunotrasfusionale ospedaliero aziendale, Ospedale SS. Annunziata di Chieti, in occasione della presentazione – ieri a Roma – di 'Ridefiniamo l'inclusione: parole e immagini per la Health Equity', la mostra realizzata dall'Osservatorio malattie rare (Omar) con il contributo non condizionante di Sobi e ospitata da Palazzo Merulana, museo di Roma: 10 artisti, tra i più apprezzati sulla scena nazionale e protagonisti di un'attività creativa unica, hanno preso spunto dalle parole emerse dai focus group di pazienti rari e onco-ematologici delle associazioni per realizzare delle illustrazioni basate proprio sull'idea di Health Equity, l'equità in salute. Fondamentale, per la riuscita del progetto, il dialogo costante con la psicoterapeuta. "La terapia genica da anni garantisce risultati davvero promettenti – spiega Verna – Inoltre, abbiamo anche farmaci ricombinanti e farmaci che hanno una lunga emivita, che permettono anche di infondersi al paziente non tutti i giorni, ma anche 1 volta a settimana. Per non parlare poi dei farmaci on demand, quindi al bisogno, in caso di emorragia, e per le fasce pediatriche abbiamo anche l'utilizzo dei farmaci sottocute. Quindi di fatto siamo passati da una fase emergenziale e anche passiva del paziente ad una fase dove il paziente diventa protagonista". E sulla mostra, "sono felice di poter partecipare a questo evento perché sicuramente unire la cultura, l'arte e la salute è un motivo di inclusione del paziente", ma "deve anche essere un impegno per noi professionisti della salute ad avvicinarci ancora di più, ad includere ancora di più i pazienti perché non li dobbiamo più vedere semplicemente come pazienti, ma come persone che comunque riescono a fare una vita sociale e autonoma, dignitosa e inclusiva". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)