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Parkinson, scoperto recettore chiave bersaglio per nuove cure

Redazione Universonotizie.it Da Redazione Universonotizie.it
21 Gennaio 2025
in Salute
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Parkinson, scoperto recettore chiave bersaglio per nuove cure
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(Adnkronos) – Dalla scoperta di un neurorecettore 'scudo' la speranza di nuove cure anti-Parkinson. Uno studio condotto dall'Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), in collaborazione con l'Università Sapienza di Roma e altri centri internazionali, ha dimostrato che il recettore nervoso mGlu3 può avere un'azione protettiva nell'evoluzione della malattia neurodegenerativa. Pubblicato su 'Nature Parkinson Disease', il lavoro indica secondo gli autori "una strada innovativa per approcci terapeutici più efficaci". Il recettore mGlu3 appartiene al gruppo dei recettori metabotropici per il glutammato, spiegano dal Neuromed. I ricercatori hanno esaminato topi cosiddetti 'knockout', geneticamente privi di mGlu3, confrontandoli con topi nei quali il recettore funzionava normalmente. Tutti gli animali sono stati esposti a una sostanza, l'Mptp, che riproduce molti aspetti fisiologici del Parkinson. I risultati dell'esperimento hanno mostrato che gli animali privi di mGlu3 avevano un livello di danno neuronale e infiammazione cerebrale più grave rispetto ai topi col recettore. Successivamente sono state analizzate varianti del gene che codifica per mGlu3 (Grm3) in oltre 700 pazienti con Parkinson, messi a confronto con 800 partecipanti al progetto epidemiologico Moli-sani che non erano affetti dalla patologia. Alcune delle varianti genetiche sono risultate legate a sintomi più gravi nei pazienti, di tipo sia motorio sia cognitivo, mentre nei test di plasticità cerebrale, che misurano la capacità del cervello di adattarsi, i pazienti portatori delle varianti mostravano risposte ridotte. Nei partecipanti sani, invece, non sono state osservate alterazioni significative, suggerendo che le varianti esercitino il loro effetto negativo principalmente in presenza della malattia. "Secondo i nostri dati – afferma Luisa Di Menna, ricercatrice del Laboratorio di Neurofarmacologia dell'Irccs Neuromed e prima autrice dello studio – i recettori mGlu3 possono influenzare la vulnerabilità delle cellule nervose, nonché le risposte infiammatorie, nel corso della malattia di Parkinson. Questo ci fa pensare a nuove strade terapeutiche che possano agire su quel recettore in modo da rallentare la progressione della patologia" "I nostri risultati aprono la possibilità di sviluppare farmaci innovativi mirati a ridurre il danno neuronale. Ma dobbiamo anche considerare che questo recettore non è solo un potenziale bersaglio terapeutico: è anche una chiave per comprendere meglio i meccanismi molecolari alla base della neurodegenerazione", precisa Giuseppe Battaglia, professore associato di Farmacologia alla Sapienza e componente del Laboratorio di Neurofarmacologia del Neuromed. "Da un punto di vista genetico – evidenzia Teresa Esposito, primo ricercatore presso l'Istituto di genetica e biofisica del Cnr di Napoli, responsabile del Laboratorio Cnr al Neuromed e coordinatrice della Biobanca Parkinson nello stesso istituto – i risultati dello studio confermano l'importanza della componente genetica non solo nel definire l'insorgenza della patologia, ma anche nel modulare la complessa sintomatologia associata alla malattia di Parkinson". "Questa ricerca ci avvicina alla medicina di precisione, consentendo di identificare pazienti con caratteristiche genetiche specifiche che potrebbero rispondere meglio a terapie mirate. Il nostro obiettivo è fornire trattamenti sempre più personalizzati ed efficaci, adattati alle esigenze di ciascun paziente", commenta Alfredo Berardelli, professore emerito di Neurologia della Sapienza e coordinatore dell'Unità di Ricerca e di Neurofisiologia clinica del Neuromed. "Lo studio – conclude Ferdinando Nicoletti, professore ordinario di Farmacologia alla Sapienza e responsabile del Laboratorio di Neurofarmacologia del Neuromed – suggerisce che i recettori mGlu3 sono coinvolti nella fisiopatologia della malattia regolando sia i meccanismi di neurodegenerazione/neuroprotezione sia la plasticità corticale. I nostri risultati sono promettenti e potrebbero gettare le basi per una nuova strategia terapeutica volta a rallentare la progressione della malattia di Parkinson". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Tags: adnkronossalute
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