Commemorare i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi nel 1992 dalle mafie insieme agli agenti delle loro scorte, offre sempre «una visuale privilegiata sui loro insegnamenti, che con il loro esempio e le loro intuizioni ci hanno tramandato, e che devono rappresentante l’architrave dei nostri riferimenti culturali».
Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha aperto così oggi pomeriggio il suo intervento al convegno “Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dopo 30 anni l’impegno di Roma a non dimenticare”, organizzato da Roma Capitale al Campidoglio, partendo da una data, il 2 agosto 1991, che rappresenta un punto di svolta nella strategia antimafia dello Stato.
Quel giorno infatti, ha ricordato il ministro, veniva per la prima volta sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata un consiglio comunale – in particolare quello di Taurianova, teatro, tre mesi prima, di una strage di ‘ndrangheta – per avviare il percorso di ripristino della legalità.
Un mese dopo la strage, infatti, era stata introdotta nel nostro ordinamento (decreto-legge n.164/1991) la possibilità di sciogliere un consiglio comunale o provinciale in caso di collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o di forme di condizionamento. «Una norma fortemente sostenuta da Falcone e Borsellino che avevano perfettamente inteso», ha osservato il ministro, «come le capacità di infiltrazione della criminalità mafiosa nel tessuto amministrativo rappresentasse, al tempo stesso, una delle principali modalità per ottenere profitti, oltre che una forma di controllo sociale delle collettività».
Da allora, sono stati 370 i decreti di scioglimento adottati dal Presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Interno, per un totale di 277 comuni coinvolti, 72 dei quali commissariati più volte, più 7 tra aziende ospedaliere e aziende sanitarie locali, con soltanto 24 casi di annullamento dei provvedimenti da parte del giudice amministrativo. Numeri, ha proseguito la titolare del Viminale, che dimostrano «l’incessante lavoro di ripristino della legalità nei territori di maggiore radicamento della criminalità organizzata, anche grazie al lavoro di importanza cruciale delle commissioni prefettizie», ringraziate per il lavoro svolto.
Gli scioglimenti sono anche un segno dell’impegno del Viminale «a non dimenticare il tributo di sangue altissimo pagato da tanti valorosi cittadini nella lotta ai poteri mafiosi», declinando in azioni concrete «gli insegnamenti che Falcone e Borsellino, con il loro esempio e le loro intuizioni, ci hanno tramandato e devono rappresentante l’architrave dei nostri riferimenti culturali», in particolare difronte alle nuove sfide legate alla gestione di importanti risorse economiche.
Tra queste, i fondi che dovrà gestire Roma per il Giubileo della Chiesa cattolica del 2025 e per l’Esposizione universale 2030, rispetto alle quali la Capitale «dovrà essere un esempio, a livello nazionale e internazionale, facendo tesoro degli insegnamenti di Falcone e Borsellino», in termini di integrità, serietà e intransigenza nell’agire. Una «sfida epocale» nella quale la città non sarà sola, trovando «come principali alleati il ministero dell’Interno e la prefettura», ha assicurato il ministro, che ha accennato anche all’importanza fondamentale della prevenzione amministrativa antimafia nella “schermatura” dai tentativi di ingerenza criminale dei ristori per la crisi da Covid-19 e, oggi, delle risorse del Piano nazionale di Ripresa e resilienza (Pnrr).
Ma è necessario, ha sottolineato il ministro, che la lotta senza quartiere alle mafie «coinvolga la dimensione sociale e culturale di una comunità», trattandosi «di una battaglia di civiltà, perché si prefigge di debellare modi e stili di vita improntati al sopruso e al disprezzo della dignità umana».
«Spetta a noi», ha concluso dopo aver ricordato il ruolo dell’associazionismo, della scuola, e l’azione del Viminale a tutela della libertà di stampa e della legalità dell’azione amministrativa negli enti locali, «difendere la legalità e con essa la libertà dal sopruso e dalla prepotenza, come seppero fare i tanti, troppi, martiri della lotta alle mafie a cui, oggi come ogni giorno, va il nostro ricordo e il nostro commosso tributo». Senza limitarsi a ricordarli, ma continuando a «renderli vivi nella pratica quotidiana, di governo, di amministrazione e di cittadinanza attiva».
Il convegno, trasmesso in diretta sul canale youtube di Roma Capitale, si è aperto con la proiezione del video “Gli invisibili, ammazzati dalla mafia e dall’indifferenza”. Tra i relatori, Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma, Giampiero Cioffredi, presidente dell’osservatorio Legalità e Sicurezza della regione Lazio. A chiusura dei lavori l’intervento del sindaco di Roma Roberto Gualtieri.
È stato moderato dal procuratore Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico della fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare promosso da Coldiretti.